Alle porte dell'oriente

Non mi è capitato spesso in questi 9 mesi, ma le domeniche dell’emigrante sanno essere veramente dolci. Ci vuole una congiunzione astrale molto difficile, per cui passi il fine settimana nella città adottiva, c’è bel tempo e sei solo e senza impegni per tutta la domenica. E allora puoi imbracciare la macchina fotografica, mettere un libro in saccoccia e fare il turista, con lentezza, senza niente di particolare da vedere se non perderti in una città conosciuta ma solo in superficie.
Se poi ci si aggiunge una splendida giornata di fine settembre con 30 gradi e un po’ di brezza, cielo azzurro con qualche nuvola in viaggio, e una città sonnacchiosa dopo la notte bianca (piaevole), il risultato è praticamente perfetto. Dopo una camminata a zonzo e un po’ di lettura in riva al fiume ancora una volta il centro di attrazione è stato la città vecchia che, pur non particolarmente raccomandabile, si dimostra sempre un posto genuinamente diverso, in cui si respirano la storia e l’oriente.
E’ una cosa da poco ma non mi sono ancora abituato alle moschee, ogni volta che ne vedo una – spesso – mi sento in viaggio, lontano, mentre nel resto del tempo mi sento in europa, magari un po’ più povera e dell’est, ma comunque indubbiamente familiare.
E poi ti trovi queste costruzioni che nella loro semplicità sono tuttavia indubbiamente alieni, non-normali.
E sicuramente i minareti, la gente che si lava i piedi alla moschea, l’hamam piazzato all’ingresso del centro storico (bellissimo: peccato che sti animali l’abbiano trasformato in una inutile galleria d’arte macedone), gli albanesi con il – uhm, cappellino da musulmano, mi sfugge il nome –, i minuscoli ristoranti che grigliano shish kebab a tutte le ore, con nomi come Bosfor o Istambul, contribiscono a dare questa sensazione veramente affascinante di lontananza. Insomma, bello stare tutta settimana davanti al computer e poi sentirsi un po’ Corto Maltese nel fine settimana.
E poi ho scoperto il mercato, anche questo decisamente turco nell’atmosfera, e con tutta la bellezza dei mercati: persone, rumore, colori delle verdure esposte e delle spezie ammassate, bilance antidiluviane, scambi. Ancora una volta impietoso il paragone con Riga e il suo grandissimo mercato coperto, in questi capannoni enormi e freddi, pieno di verdure pallide e pesci guizzanti, sicuramente vitale ma di una vitalità dura e orientata alla sopravvivenza, più che allo scambio e al contatto.
Qui invece è possibile sognare almeno un po’ di trovarsi sulla via della seta e non in una brutta città ex-jugoslava. Per quanto, se arrivava a Venezia la via della seta avrebbe potuto in qualche modo passare anche di qua, no?
L'hamam

1 commenti:

Anonimo ha detto...
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