Pausa caffè

Dopo una settimana di lavoro siamo arrivati a parlare per la prima volta dell’affaire Materazzi-Zidane.
Pensavo ci sarebbe voluto anche meno tempo.
(Tra l’altro l’unico che non era francese nella discussione era un algerino... ero pieno di alleati insomma).


Il lavoro mobilita l'uomo

Ho trovato un lavoro. Manco clamorosamente il traguardo dell’anno sabbatico, fermandomi a undici mesi e tre settimane di dorata nullafacenza.

Si torna alle origini, dove la fuffa é più pura, più vera, senza pretese di contenuti. In una ditta che commercia schiavi mi occupo di fare comunicare le varie filiali nel mondo con chi gestisce il cervellone centrale, la brutale macchina smistamento schiavi.

Mi chiedevo come fosse lavorare in Francia, provo a mettere giù le prime impressioni per punti.

Qua in ufficio si lavora. Oppure non si è alla scrivania. Nessuno fa finta di lavorare e fa altro al computer. Questo contrasta enormemente con tutte le mie esperienze passate. Non ho ancora visto nessuno che navigasse in internet, non uno in 4 giorni. Ovviamente tocca adeguarsi, è durissima.

In compenso la pausa pranzo dura allegramente un’ora e mezza, e si torna pure senza fretta. A meno che non ci siano lavori urgenti da fare, il che capita spesso. Mi hanno anche detto ‘in questo posto ci veniamo a mangiare se abbiamo fretta, quando abbiamo SOLO un’ora per pranzare.

E poi ci sono le mitiche 35 ore. Il che significa che si lavora normalmente ma il totale dei giorni di ferie annuali sale a 40. Pas mal, pas mal.

Mi hanno dato un computer. Ha la tastiera francese. La A e la Q sono scambiate. La Z e la W pure. Per scrivere i numeri serve lo shift, come sulle macchine da scrivere.. Che siano maledetti, questi barbari isolazionisti.

Per fortuna almeno windows è in inglese, non avrei retto altrimenti.

Tornare a usare Windows dopo un anno di solo Linux è doloroso, meno male che almeno é XP. Ma dopotutto mi pagano per farlo.

E poi il gran finale. La sorpresa delle sorprese. In ufficio c’è una macchina espresso. Gratis. Buona. La cosa mi dà un brivido di stupefatta incredulità ogni volta che varco la soglia e passo davanti alla sala caffè.