Schegge di Jugoslavia

Si, qua si sta bene e tutto fila più liscio di quanto ti aspetteresti.
Però a volte schegge di socialismo reale ti raggiungono e si aprono squarci sul passato, con dialoghi come questo, di cui sono stato protagonista arrivato in piscina alle 8, ora normale di apertura:

- La piscina è chiusa
- Perchè?
- Abbiamo un problema con la piscina grande
- Che problema?
- Un problema, c'e' solo un po' di acqua dentro.
- Ah. E quando riapre.
- Non lo sappiamo. Con l'anno nuovo, forse, o più tardi.
- .....
- Però la piscina piccola funziona. Ma apre alle 8 e mezza.
- Ah, ok. Quindi quali sono i nuovi orari?
- Non lo sappiamo. Stasera apre alle otto e mezza, poi vediamo.

Peccato, perchè la piscina in sè era decisamente bella, olimpionica, 50 metri, ben tenuta. La caccia alle alternative è aperta.

Cultura Pop


Basimento.
E’ morto l’altro giorno in un incidente stradale Toše, il più popolare cantante macedone, e grossa star in tutti i balcani; uno che era partito da ragazzo prodigio e che a soli 26 anni era l'idolo di tutta la nazione. Io non ne avevo mai sentito parlare, anche perchè il genere è ovviamente un pop da classifica con influenze turco-balcaniche da cui cerco in tutti i modi di fuggire – impossibile. In ogni caso le reazioni popolari e ufficiali mi hanno lasciato assolutamente senza parole. E’ stato proclamato lutto nazionale, ai funerali in piazza ci sono state decine di migliaia di persone, con bara avvolta nella bandiera e funerale di stato; in più tutte le tv macedoni trasmettono da due giorni solo ed esclusivamente suoi video, concerti, memorabilia. E naturalmente la diretta del funerale, a reti unificate.
Anzi no, non unificate, solo 3 canali, gli altri andavano avanti con i video. Nel funerale si vedevano migliaia di persone a piangere, comprese le nonne. Ora, passino le ragazze. Passino le mamme, educate all’isteria collettiva magari con Elvis e i Beatles o con il Gianni Morandi jugoslavo.
Ma le nonne no! Ce la vedete la vostra nonna che piange per un cantante?
Io le mie ce le vedo che prendono me a sberle se piango per una cosa così. E invece ormai probabilmente quella generazione è andata, e non c’è più rifugio, non c’è più scampo dalla cultura dei media, alla star mediatica come faro per le masse, ai rituali collettivi che coinvolgono tutta la società, in maniera, sì, totalitaria.
Perchè capisco benissimo che al funerale di un cantante ci siano migliaia di fans addolorati (ma non le nonne!), io stesso nella vita sono stato parecchio scosso dalla morte di alcune mie icone rock. Ma la cosa veramente incredibile è che qui praticamente tutti sono coinvolti, non è un lutto personale o di un gruppo di fan, è una cosa di stato a cui tutti partecipano davvero. Ieri sera Skopje, che di solito è piuttosto animata, era completamente deserta. Siamo andati in un locale jazz e la musica era... Toše. Siamo andati in un posto dove suonano live tutte le sere, e in cui si fa sempre la fila per entrare... ed era vuoto. Ovviamente gli altoparlanti diffondevano Toše.
L’unica cose simile che mi viene in mente a mia memoria in Italia è quando è morto il papa. Ma al di là della differenza che ci dovrebbe essere a livello di impatto sulle coscienze tra un leader spirituale e un canante, comunque non è che la nazione si sia completamente fermata, come sta succedendo qui.
Non so cosa sia successo in USA, Spagna o Inghilterra dopo gli attentati degli ultimi anni, ma giusto per avvenimenti del genere – che a loro volta sono prettamente mediatici, il terrorismo praticato così non avrebbe molta ragion d’essere se non ci fosse l’informazione a renderlo visibile e amplificarlo – riesco a pensare una reazione così. E sono eventi che quanto a gravità, su tutti i livelli, sono evidentemente non paragonabili a un ragazzo che muore in un incidente stradale. Ma evidentemente siamo talmente sovraesposti e bombardati che distinguere le cose importanti diventa sempre più difficile. Mai come oggi panem at circensem.

Never mind the bollocks...

Un po’ mi secca fare pubblicità, ma nella ferma convinzione che questo non sposterà nemmeno del’ottavo decimale le vendite condivido con voi questa allegro manifesto che campeggiava su di un chiosco bibite nel centro di Vienna. Qualche esperto di cose teutoniche sa darmi lumi su cosa possa significare?

Inoltre ho scoperto che l’aquilotto simbolo dell’Austria, eredità imperiale, che campeggia un po’ in tutte le salse ovunque nel paese, stringe tra le zampe... falce e martello! Ciò che è stato eliminato dalle bandiere di Russia e Bulgaria campeggia ancora fieramente e impunemente nel simbolo di questo covo di comunisti! Cosa aspetta il Berlusca a chiederne l’espulsione dalla comunità Europea? Bush a farci una guerra preventiva?

L'impero non colpisce più

Gli scherzi della storia: sei lì in mezzo all’Europa a fare l’impero, te la giochi con le superpotenze del momento, poi ti distrai un attimo, perdi una guerra mondiale e rimani uno staterello che tutti considerano una provincia sfigata della Germania, una roba nata secoli dopo.
E in pochi posti come a Vienna si respira l’aria di una grandezza perduta, di città cristallizzata nel proprio glorioso passato. Non di decadenza, per carità, perchè tutte è lindo e pulito e restaurato e ben tenuto, ma proprio di una città che non è viva, ma che è il museo di se stessa. Incredibilmente tranquilla per una capitale di lunedì mattina, piena di persone a passeggio, un po’ di turisti, tante biciclette, e appartentemente nessuna fretta.
Che in effetti non si capisce bene di cosa campino, sti austriaci. Cioè, com’è che l’Austria è un paese ricco? Hanno perso la prima guerra mondiale, sono stati invasi nella seconda, a me non viene in mente un solo nome di industria austriaca – anzi uno, Ktm – agricoltura pochina visto che stanno in mezzo alle montagne... che siano ricchi di bauxite? Dovrei proprio rispolverare il libro di geografia delle medie.
In ogni caso la mia impressione è quantomai superficiale, visto che ho fatto un giro in centro a piedi di meno di due ore, visto che avevo più di 4 ore da aspettare nel cambio tra due aerei, e che dall’aereoporto si arriva in centro con 16 minuti (e pure 16 euro) di treno. E ne è valsa la pena visto che nonostante ci fossi stato già due volte mi ricordavo proprio poco, quindi ci voleva questo veloce ripasso, approffittando anche di una giornata splendida.

Patrizia, Nizza.

Eccomi di ritorno da un weekend francese da Sara denso di emozioni, in cui ho conosciuto Patrizia, il cane di famiglia! Eccola qui in tutto il suo splendore di iena! E’ dolcissima ed appena reduce da un anno di canile, un grosso benvenuto!



In più ne ho approfittato per visitare per la prima volta Nizza, dove non ero mai stato nonostante i numerosi giri in costa azzurra. Non sapevo bene cosa aspettarmi, se una posto fighetto e balneare tipo Cannes o una cashbah caotica come Marsiglia: devo dire che siamo più dalle parti della prima, quantomeno nel centro. Il lungomare è estremamente elegante, anche se la famosa Promenade des Anglais è separata dalla prima fila di palazzi da uno stradone enorme, non proprio il massimo per passeggiare. Comunque dato che è città turistica da almeno un paio di secoli tutte le strutture del centro sono eleganti palazzi ottocenteschi o primo novecento, con notevoli sfoggi di neoclassico e liberty. La città vecchia invece è estremamente ligure, con stradine strette e in salita, e case molto alte. Mi ha stupito che gli sciovinisti francesi abbiano concesso i sottotitoli in dialetto alle vie della città vecchia, che suonano assolutamente genovesi. Poi basta muoversi di un paio di vie e l’alta percentuale di nordafricani diventa evidente, con macellerie halal e pasticcerie cariche di splendidi dolci – e sì, l’aspetto ordinato e fighetto da località di mare scompare velocemente. Interessante miscuglio insomma. E ho decisamente un debole per i posti dove la spiaggia è in città, penso che l’idea di uscire dall’ufficio e andare direttamente in riva al mare, beh, la qualità della vita la impenni non poco.

Alle porte dell'oriente

Non mi è capitato spesso in questi 9 mesi, ma le domeniche dell’emigrante sanno essere veramente dolci. Ci vuole una congiunzione astrale molto difficile, per cui passi il fine settimana nella città adottiva, c’è bel tempo e sei solo e senza impegni per tutta la domenica. E allora puoi imbracciare la macchina fotografica, mettere un libro in saccoccia e fare il turista, con lentezza, senza niente di particolare da vedere se non perderti in una città conosciuta ma solo in superficie.
Se poi ci si aggiunge una splendida giornata di fine settembre con 30 gradi e un po’ di brezza, cielo azzurro con qualche nuvola in viaggio, e una città sonnacchiosa dopo la notte bianca (piaevole), il risultato è praticamente perfetto. Dopo una camminata a zonzo e un po’ di lettura in riva al fiume ancora una volta il centro di attrazione è stato la città vecchia che, pur non particolarmente raccomandabile, si dimostra sempre un posto genuinamente diverso, in cui si respirano la storia e l’oriente.
E’ una cosa da poco ma non mi sono ancora abituato alle moschee, ogni volta che ne vedo una – spesso – mi sento in viaggio, lontano, mentre nel resto del tempo mi sento in europa, magari un po’ più povera e dell’est, ma comunque indubbiamente familiare.
E poi ti trovi queste costruzioni che nella loro semplicità sono tuttavia indubbiamente alieni, non-normali.
E sicuramente i minareti, la gente che si lava i piedi alla moschea, l’hamam piazzato all’ingresso del centro storico (bellissimo: peccato che sti animali l’abbiano trasformato in una inutile galleria d’arte macedone), gli albanesi con il – uhm, cappellino da musulmano, mi sfugge il nome –, i minuscoli ristoranti che grigliano shish kebab a tutte le ore, con nomi come Bosfor o Istambul, contribiscono a dare questa sensazione veramente affascinante di lontananza. Insomma, bello stare tutta settimana davanti al computer e poi sentirsi un po’ Corto Maltese nel fine settimana.
E poi ho scoperto il mercato, anche questo decisamente turco nell’atmosfera, e con tutta la bellezza dei mercati: persone, rumore, colori delle verdure esposte e delle spezie ammassate, bilance antidiluviane, scambi. Ancora una volta impietoso il paragone con Riga e il suo grandissimo mercato coperto, in questi capannoni enormi e freddi, pieno di verdure pallide e pesci guizzanti, sicuramente vitale ma di una vitalità dura e orientata alla sopravvivenza, più che allo scambio e al contatto.
Qui invece è possibile sognare almeno un po’ di trovarsi sulla via della seta e non in una brutta città ex-jugoslava. Per quanto, se arrivava a Venezia la via della seta avrebbe potuto in qualche modo passare anche di qua, no?
L'hamam