L'acqua della vita


Ancora più irrinunciabile della scorta di Ajvar, per ogni famiglia macedone, è la scorta di Rakja, che deve aiutare a passare il freddo inverno, curare l'influenza e le malattie di stagione, fare da dopobarba e da antigelo per i tergicristalli... insomma, un balsamo tuttofare che non può certo mancare.
Ieri ho avuto la fortuna di essere invitato nella casa di campagna di un collega, una ventina di chilometri fuori città, per assistere alla annuale distillazione familiare.
E' stato veramente molto bello, a partire dal viaggio di andata in mezzo a una copiosa nevicata, fino all'accoglienza veramente splendida: c'erano padre, madre e zio intenti alla preparazione, e sono stati di una ospitalità squisita. Non parlavano inglese ma si sono profusi in spiegazioni, e poi ci hanno fatto entrare in un locale riscaldato, una specie di taverna al rustico, dove bollicchiavano i crauti: ci hanno offerto la rakja dell'anno scorso, ajvar, formaggio bianco, verdure in salamoia, trattandoci veramente come pascià. E a metà pomeriggio i crauti si sono rivelati il pranzo, una specie di casoeula con abbondanti pezzi di porco, il tutto stracotto sulla stufa a legna per 3-4 ore... delizioso.
E' stata davvero una immersione nella vita contadina, con i barili di crauti messi a fermentare per l'inverno, la scorta di mele, di zucche, il vino, l'alambicco per la rakja, il vicino di casa che affumicava la carne e ci ha invitato a vedere il suo essicatoio... tutto fatto davvero con una gentilezza squisita, tanto orgoglio per le proprie tradizioni e altrettanta voglia di mostrarle al nostro consueto gruppo da barzelletta (c'erano un italiano, un olandese e un indiano, dispersi nella campagna macedone innevata...).

Segreti carpiti: l'alambicco si sigilla con la farina

La distillazione avviene su larga scala: l'alambicco da un centinaio di litri è stato affittato dalla parrocchia, a offerta libera (la chiesa aiuta sempre a mantenere le buone tradizioni), i 4 quintali di uva acquistati da un vicino e lasciati un mese a fermentare, e adesso per quattro giorni si dedicano alla distillazione degli 80-100 litri che serviranno fino all'anno prossimo.
La distillazione della rakja da bere si ferma quando il liquido raggiunge i 53 gradi (!!!), poi prosegue e la 'coda' viene tenuta come detergente e per gli usi più svariati che accennavo all'inizio.
La distillazione è singola, ma il risultato è tutt'altro che disprezzabile, anzi molto godibile e molto sano: nonostante il pomeriggio passato a brindare non c'è stato nessun postumo. Penso proprio che questa rakja sia un'ottima candidata a rispettare l'antica denominazione di acquavite. Ed è un bene visto che come ultimo tocco di estrema gentilezza me ne hanno regalata una bottiglia da un litro! Na Zdravje!

Delizie macedoni


Autunno, tempo di Ajvar.
In Macedonia è un rito sociale: ogni autunno, quando è stagione di peperoni, le famiglie se ne comprano qualche chilata (tipo 10-20 kg), e preparano l'Ajvar, che è una fantastica conserva appunto di peperoni e melanzane, da spalmare sul pane e mangiare come antipasto.
Chiaramente la scorta deve durare fino all'anno dopo, e il mercato di questo periodo è uno spettacolo con mucchi di peperoni rossi e verdi ovunque, spesso in sacchetti già pronti da 10 chili.
Nei condomini tutti si ritrovano in cortile a grigliare i peperoni ed è un momento aggregante anche in città, mentre chi ha un po' di giardino si ritrova con la famiglia per la preparazione, come nella foto rubata qui sopra, con i più improbabili bracieri a legna o carbone.
A me piace veramente moltissimo, e l'anno e mezzo di macedonia mi hanno convertito ai peperoni in tutte le salse (oltre che ai cetrioli)
Quindi, se volete provare a casa, questa e' la ricetta per una modica quantità di ajvar macedone (viene fatto un po' in tutti i Balcani, con piccole variazioni):

12 peperoni rossi (di quelli a corno, non piccanti)
4 melanzane medie
1 cipolla
3 spicchi d'aglio
1 limone

Grigliare i peperoni e le melanzane finché la buccia si scurisce, poi chiuderli in un sacchetto di carta a per 10 minuti, in modo da rendere più semplice la sbucciatura.
Sbucciare il tutto, togliere i semi ai peperoni e schiacciare la polpa rimanente.
Soffriggere cipolla e aglio tagliati fini in abbondante olio d'oliva (1 dl), fino a imbiondirli.
Aggiungere la polpa di melanzane e peperoni e fare cuocere mescolando, finchè l'olio non e' completamente amalgamato e il tutto assume una consistenza cremosa.
Lasciar raffreddare prima di servire, oppure mettere ancora caldo in un recipiente di vetro per la conservazione (come per le marmellate).

Ci sono anche molte altre varianti o preparati simili, come Pindzur o Ljutenica, e sono tutti davvero ottimi, ma l'Ajvar è il più diffuso e popolare.
Questo è quanto, buon appetito!

Azken Guda Dantza!

Quest’anno è stato un anno di matrimoni. Ho collezionato svariati matrimoni italiani, uno italo-sloveno e 3 macedoni (uno macedone-tailandese per la precisione).
Partecipare a questi eventi familiari mi ha fatto rendere conto di quanto in italia abbiamo perso delle nostre tradizioni popolari a livello di musica e danze.
Devo dire che in questa (ex) nazione che viene da oltre cinquant’anni di dittatura di comunisti mangiabambini – notoriamente distruttori di tradizioni - il patrimonio di lingua, musiche e balli è veramente vivissimo. Pure troppo probabilmente, visto che potrebbe essere visto come uno degli aspetti che hanno spinto alle guerre del post-jugoslavia, però trovarsi in mezzo è davvero molto bello. Ed è pur vero che in slovenia si suonavano tranquillamente canzoni croate e serbe, e in Macedonia (che fa della propria musica un patrimonio fondante) spesso suonano pezzi serbi.
La musica e il ballo sono qualcosa che uniscono un popolo, a livello profondo, ed uniscono le generazioni: qua si balla tutti, dai nonni ai bambini.
In Slovenia è stato splendido soprattutto grazie alla qualità della band, un gruppo di matti che è andato avanti a suonare ininterrottamente dalle 5 del pomeriggio alle 5 del mattino, dando spettacolo e coinvolgendo tutti. Però il ballo era un evento in sè, tutti lo aspettavano e sapevano ballare, anche – forse soprattutto - quelli gli sloveni di seconda generazione nati in Canada... mentre noi italiani si abbozzava, un po’ imbarazzati.
In Macedonia addirittura le danze sono il centro del matrimonio: in chiesa gli invitati manco ci vanno, solo le famiglie, la cena è sì abbondante ma niente a che vedere con i nostri standard, in compenso la gente è lì per ballare. Si aspettano a malapena gli antipasti, e poi via in pista per tutta la sera. E non a ballare a coppie, ma tutti in cerchio per il ballo tradizionale per i matrimoni, l’Oro. Ci sono diverse versioni e passi, ma è una cosa che si fa tutti insieme e che anima la festa in maniera davvero speciale, perfetta per l’occasione. Infatti era stato molto bello l’anno scorso al matrimonio di un amico (in Italia) quando ha invitato una compagnia di ballo popolare che ha suonato diversi balli di gruppo da tutto il mondo, spiegandoci i passi e facendo ballare tutti, un’idea davvero ottima. Insomma al di là del mantenere tradizioni e identità è proprio una cosa bella in sè mettersi a ballare in cerchio tutti insieme, crea qualcosa.
Ai matrimoni italiani invece o non si ballava o c’era animazione da deejay, e i balli che si fanno spaziano dalla macarena alla bomba a YMCA. Quello che mi ha definitivamente steso è stata l’esortazione del deejay di turno davanti ad un gruppo non particolarmente ferrato sulle mosse da fare “dovete andare di più nei villaggi!”.
Gente, quello che ci lega culturalmente e che ci caratterizza come civiltà sono i balli nei villaggi turistici, uguali dappertutto dalle Canarie alla Calabria a Sharm. Amaro.
Si noti che ho sempre detestato ballare, e sono tutt’altro che un difensore delle tradizioni in quanto tali. Ma quando una cosa funziona funziona!

Obama - Bin(la)den

Festeggio ufficialmente la vittoria di Obama, non tanto per il disastro mondiale che sono stati gli ultimi 8 anni quanto per l’enorme valore simbolico dell’evento.
Non dimentichiamoci, mai, che il motivo per cui il 12% della popolazione Americana è nera è che li hanno portati attraverso l’oceano degli europei timorati di dio, e che altri europei timorati di dio si son comprati come schiavi quelli che non sono morti nel viaggio.
E nemmeno che fino al 1965 negli Stati Uniti i neri dovevano affrontare una serie enorme di impedimenti anche solo per votare.
Insomma, le valutazioni sull’uomo Obama verranno poi, adesso c’è davvero da festeggiare per il fatto in sè.
Alla vostra.